Febbre Tifoide

che cosa è?
La febbre tifoide, anche detta tifo addominale, è provocata da un batterio, la Salmonella typhi, appartenente al numerosissimo genere Salmonella   di cui fanno parte anche le S. paratyphi A e B, responsabili dei paratifi, e le cosiddette salmonelle minori, responsabili di infezioni e tossinfezioni a trasmissione alimentare.

 

come si manifesta?
L’infezione, dopo un periodo di incubazione che può variare da 3 giorni a 3 mesi, ma abitualmente è di 1-3 settimane, coinvolge l’intero organismo, manifestandosi con esordio insidioso, febbre elevata, cefalea, malessere generale, mancanza di appetito, rallentamento delle pulsazioni, presenza di macchie rossastre e rilevate, localizzate al tronco, tosse secca e disturbi gastrointestinali (costipazione o diarrea). L’infezione può decorrere in forma sub-clinica; è frequente la possibilità dell’instaurarsi dello stato di portatore cronico, che può essere anche molto prolungato nel tempo.

cosa fare quando ci si ammala?
Nel caso si manifestino sintomi di febbre tifoide è necessario ricorrere immediatamente ad un medico o ad una struttura ospedaliera per potere effettuare, quanto prima, gli esami di laboratorio per la conferma della diagnosi e la necessaria terapia.

Nell’assistenza a pazienti affetti da febbre tifoide debbono essere adottate precauzioni per evitare il contatto diretto o indiretto con le feci o con oggetti da queste sporcate: è quindi indicato l’uso di guanti e di indumenti protettivi.

I soggetti colpiti da febbre tifoide debbono essere allontanati dalle attività che comportino la manipolazione o la distribuzione di alimenti, dall’assistenza sanitaria e da quella all’infanzia, fino a che gli esami di laboratorio eseguiti sulle feci e sulle urine abbiano escluso la presenza dei germi patogeni.

Le persone che sono state a contatto con un paziente affetto da febbre tifoide, in particolare i conviventi, vanno sottoposte a controllo sanitario per la ricerca di altri casi di infezione e della fonte di esposizione, con particolare riguardo a storie di viaggi in aree endemiche e alle abitudini alimentari; tali soggetti vanno allontanati dalle attività che comportino la manipolazione o la distribuzione di alimenti, dall’assistenza sanitaria e da quella all’infanzia, fino a che esami di laboratorio eseguiti sulle feci e sulle urine abbiano escluso lo stato di portatore dell’infezione.

come si trasmette?
La febbre tifoide è una malattia a trasmissione fecale-orale; può quindi essere contratta in seguito all’ingestione di acqua o alimenti   (frutti di mare, frutta, verdura, latte non pastorizzato) contaminati da materiali fecali contenenti Salmonelle. Le Salmonelle sono dotate di una notevole resistenza nell’ambiente esterno, soprattutto se contenute in materiali organici e possono persistere per mesi nei liquami e nel fango; resistono a lungo anche nell’acqua e nel ghiaccio. Gli insetti, in particolar modo le mosche, possono fungere da vettori passivi dei germi patogeni. L’uomo, malato o portatore, è l’unica sorgente di infezione.

 

periodo di contagiosità?
I pazienti affetti da febbre tifoide sono infettanti fintanto che S. typhi è presente nelle feci, ovvero dalla prima settimana di malattia e per tutta la durata della convalescenza. Il 2-5% dei pazienti diviene portatore cronico, potendo eliminare le salmonelle del tifo per molti mesi e, in casi estremi, per anni.

come si previene?
Come per tutte le malattie a trasmissione fecale, lo scrupoloso rispetto di elementari norme igieniche è fondamentale, a livello individuale, per la prevenzione della febbre tifoide (vedi le “Regole d’oro”). Le salmonelle del tifo presentano una notevole resistenza nell’ambiente esterno ma sono comunque sensibili all’azione dei comuni disinfettanti. Una buona soluzione disinfettante può essere ottenuta facilmente in ambito domestico (vedi “preparazione disinfettanti uso domestico”).

esiste una vaccinazione?
Nei confronti della febbre tifoide sono disponibili diversi vaccini contenenti germi uccisi, da somministrare per via intramuscolare (due dosi a distanza di un mese), germi viventi attenuati, da somministrare per via orale (tre capsule da assumere a giorni alterni) e vaccini contenenti l’antigene polisaccaridico “Vi” della S. typhi, da somministrare ugualmente per via intramuscolare (una sola dose, con richiami ogni 2-3 anni). Questi vaccini conferiscono una protezione pari all’80-90%, della durata presumibile di 2-3 anni; sono indicati in situazioni epidemiche e per viaggiatori diretti in zone endemico-epidemiche, oppure per soggetti maggiormente esposti a rischio per motivi professionali (tecnici di laboratorio, addetti allo smaltimento di rifiuti, etc…).

La vaccinazione antitifica è di valore limitato in caso di esposizione a casi conclamati, mentre può essere utile in caso di convivenza con portatori cronici.